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Cresce la tentazione low cost

di Massimo Mambretti

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1 DICEMBRE 2008

Se sino a qualche tempo fa la filosofia low-cost, fatta emergere dal caro-euro in tutta Europa, sembrava anche per molti benestanti un modo per essere politicamente corretti, oggi viene ulteriormente enfatizzata dalla crisi che affligge in modo più o meno incisivo tutte le economie del pianeta.
Nulla sfugge a questa situazione, tanto meno il settore automotive. Pesantemente in crisi quasi dappertutto, non è più solo gravato dai prezzi puri e semplici dei prodotti ma anche da altri fattori. Per esempio, la stretta che finanziarie e banche hanno attuato in questo periodo sulla concessione dei crediti, le cui domande vengono ora respinte con crescente frequenza.
Anche per questo le cose vanno come vanno: si fatica a vendere le auto e patiscono, soprattutto, quelle a larga diffusione che soffrono i cambiamenti in atto nelle motivazioni d'acquisto. Chi deve per forza cambiare macchina – chi non ne ha la necessità impellente tende a rinviare l'acquisto a tempi migliori – sta molto più attento di qualche mese fa al prezzo, bada meno al look e agli accessori, come pure al fatto che l'auto sia o no di ultimissima generazione. Da tutto questo scaturisce il crescente interesse sia per le vetture low-cost che per le precedenti generazioni di modelli di successo.
Così, sulla scia della strada aperta dalla Dacia Logan, la prima vera low-cost made in Europa che si è declinata anche in station wagon, è nata la Sandero. In pratica è la versione a due volumi della Logan, in alcune parti del mondo venduta anche con il marchio Renault e da noi ha un prezzo d'attacco che supera di poco i 7mila euro. Anch'essa poggiata su solide basi – il pianale è quello dell'attuale Clio, i motori sono gli stessi che spingono un gran numero di Renault e Nissan – ma con lineamenti più consoni ai gusti di chi, dalle nostre parti, guarda a vetture di categoria media. Ora, però, stanno per manifestarsi anche altre proposte, ispirate da modelli inizialmente pensati per i mercati emergenti, soprattutto asiatici. Inoltre, anche se non tutti lo ammettono, altri gruppi automobilistici stanno pensando a brand specifici destinati a dare un cognome a vetture poco costose, frutto di economie di scala o di joint-venture che possono aiutare a ridurre i costi di progettazione, sviluppo e industrializzazione. Non si può quindi escludere la nascita di nuovi modelli a basso costo, magari scaturiti da accordi come quello esistente tra Fiat e Tata piuttosto che da un'ennesima razionalizzazione nell'ambito del gruppo Volkswagen.
Sembra invece certo che Toyota e la consociata Daihatsu stiano sviluppando una vettura da 5mila dollari da produrre in India. E con i tempi che corrono non si può escludere che pensino anche di realizzarla in maniera tale da renderla appetibile – per lineamenti e soluzioni tecniche – anche sui mercati occidentali. La stessa strada potrebbe essere percorsa anche dalle low-cost asiatiche che stanno mettendo in cantiere i gruppi Hyundai-Kia e General Motors (tramite il "ramo coreano" del brand Chevrolet).
In attesa che questa fioritura sbocci, stanno attirando interesse anche modelli che sopravvivono all'avvento della loro ultima generazione. In particolare la Renault Clio II e la Fiat Punto, entrambe nate sul finire degli anni 90 ma con caratteristiche tali, a livello di meccanica e di equipaggiamenti nonché di design, ancora abbastanza attuali. Solo leggermente meno potenti delle loro eredi, non offrono ritrovati all'ultimo grido in fatto di equipaggiamenti ma hanno – o possono avere a richiesta – tutto quanto riguarda sicurezza e comfort. E costano mediamente 1.500 euro in meno rispetto alle versioni raffrontabili dei modelli attuali.

IL CASO DR

Molise chiama Pechino
C'è un altro esempio di low cost, frutto di un'iniziativa imprenditoriale salutata da sorrisini increduli e oggi guardata con l'attenzione che meritano i buoni risultati raggiunti. La Dr5, il Suv italo-cinese assemblato a Isernia in partnership con la Chery e inizialmente venduto (a 16.900) euro nei supermercati "Iper-la grande I", ha totalizzato nel 2008 3mila consegne, e per l'anno prossimo il presidente Massimo Di Risio indica una produzione di 12mila unità.

La famiglia si amplia
L'offerta della marca molisana cresce: dopo la 1.6 bi-fuel ad affiancare quella originaria solo a benzina, la famiglia si arricchisce dell'1.9 Ecojet con il turbodiesel da 120 Cv realizzato da Fiat Powertrain e in vendita a 19.900 euro. Davvero low cost, considerati gli equipaggimenti tutt'altro che spartani. Nello stand della Dr al Motor Show è possibile ammirare la novità 2009: la Dr5 2.0 Ecopower da 140 Cv disponibile nelle versioni i-Mode4 e i-Matic con cambio automatico a gestione sequenziale sarà disponibile anche con alimentazione bi-fuel sia Gpl che metano.

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